Grazie ad un ricorso instaurato dallo Studio Legale Di Monda & Partners, attinente al decesso di un paziente a seguito di una operazione chirurgica e alla concatenata infezione nosocomiale, è stato accertato dal Tribunale tramite una CTU, che in una delle maggiori strutture sanitarie del Sud Italia, nonostante le indagini, non sono stati rinvenuti protocolli di prevenzione e controllo delle ICA. Non si è riusciti neppure a provare la costituzione nell’Ospedale di un Organismo multidisciplinare responsabile dei programmi e delle strategie di lotta e di contrasto alle ICA. Non si sono trovate, neppure, tracce di attuazione di protocolli diretti all’applicazione, al monitoraggio, all’aggiornamento e alla verifica di corrette pratiche di prevenzione delle ICA. Azioni che si ritengono genericamente necessarie alla soddisfazione degli obblighi di sanificazione, in questo senso non si è riusciti a provare neppure attività rientranti nella mera burocrazia.
In ambito di responsabilità sanitaria, la consapevolezza della prevedibilità di questa tipologia di eventi avversi e anche solo di una prevenibilità selettiva, impone alle strutture sanitarie di mettere in atto tutti i comportamenti utili ai fini della protezione dei pazienti dal verificarsi dell’evento.
L’eccellenza di una struttura sanitaria, ad oggi, si qualifica soprattutto in merito al basso tasso di ICA, allora ci si chiede come mai una struttura sanitaria classificata come una delle migliori del sud Italia non ha posto in essere neppure le più elementari misure idonee alla prevenzione delle ICA?
Tale negligenza causa, non solo complicanze e decessi di pazienti, ma anche un’enorme spesa per i risarcimenti danni conseguenti. L’auspicio è, quindi, una maggiore attenzione della politica e dei vertici delle sanità sulla prevenzione e il contrasto di queste terribili infezioni che ogni anno provocano circa 10 mila decessi, solo in Italia.
Le complicanze più pericolose all’interno degli ambienti sanitari sono, senza dubbio, le ICA (infezioni correlate all’assistenza). Da anni lo Studio Legale Di Monda & Partners studia l’incidenza di queste infezioni sui pazienti negli ospedali e negli ambienti sanitari (Case di cura, lungo degenze ecc.). Di sentenza in sentenza e di CTU in CTU riscontriamo le mancanze e le negligenze dei sistemi sanitari su queste terribili complicanze. Queste negligenze non derivano semplicemente dal personale sanitario, ma dall’organizzazione delle strutture, le quali, spesso, non mettono gli operatori sanitari nelle condizioni di operare con sicurezza, causando, così, enormi danni a pazienti, operatori e, soprattutto, alla spesa economica della sanità, per i risarcimenti e le giornate, evitabili, di ricovero ulteriore, oltre alle migliaia di decessi annui.
Per essere definite infezioni nosocomiali o ospedaliere il paziente deve essere stato ricoverato per una causa diversa dall’infezione e non deve avere segni di malattia infettiva in corso di incubazione al momento del ricovero. Queste infezioni possono presentarsi 48 ore dopo il ricovero; fino a 3 giorni dopo la dimissione; fino a 30 giorni dopo un’operazione.
Le ICA sono causate da patogeni facilmente trasmissibili dall’operatore sanitario al paziente. Spesso i pazienti ospedalizzati hanno una ridotta efficienza del sistema immunitario, pertanto sono più esposti alle infezioni. I fattori di rischio sono: la durata del ricovero, l’uso di antibiotici in modo inappropriato; l’uso di strumentazioni invasive.
Inoltre, quasi il 70% dei batteri coinvolti nelle ICA sono resistenti ai comuni antibiotici. Si tratta, infatti, di batteri selezionati dall’evoluzione spinta dalla pressione farmacologica. La maggior parte dei batteri viene veicolata ad un paziente da un operatore sanitario e la migliore prevenzione è il lavaggio delle mani, infatti, il solo lavaggio delle mani può prevenire più del 25% delle infezioni. Una misura semplice, intuitiva ed efficace, che ancor di più fa insorgere un forte dubbio. Se tale misura è così semplice e intuitiva, come mai il numero di ICA è così alto?
Altra misura idonea è l’uso appropriato di antibiotici.
Le aziende ospedaliere dovrebbero far fronte alle infezioni nosocomiali attuando una serie di importanti monitoraggi:
- Il monitoraggio regolare dei patogeni che circolano nei reparti a maggior rischio, controllandone il grado di resistenza agli antibiotici;
- Un elenco aggiornato di tali patogeni, così da facilitare il confronto con le altre strutture e un controllo efficace a livello nazionale;
- Monitoraggio delle procedure di prevenzione delle ICA;
- Monitoraggio dell’uso degli antibiotici;
- Sensibilizzazione costante del personale e dei visitatori con coinvolgimento degli stessi pazienti;
- Monitoraggio delle procedure diagnostiche adeguate per le ICA;
Tutte azioni di prevenzione e controllo risalenti alle circolari ministeriali dell’85, ma che non hanno mai trovato attuazione, né una linea comune e nazionale di regolarizzazione, lasciando così le strutture sanitarie sole nella lotta e nel contrasto delle ICA. Solitudine che provoca, nelle strutture con meno risorse e più problematiche organizzative, un enorme danno sia in termini di vite umane distrutte, che di ulteriore carico di pazienti, che di spesa economica per i conseguenti risarcimenti.